Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da fenomeni globali di straordinario impatto sull’ambiente, sulle condizioni di vita individuali, sulla convivenza pacifica e sullo sviluppo umano. Il diffondersi della pandemia e dei conflitti ad alta intensità, gli effetti del riscaldamento globale, le minacce agli equilibri ecologici del pianeta e il cronicizzarsi della congiuntura economica hanno prodotto sconvolgimenti a cui le dottrine liberiste, uscite trionfanti dalla fine della guerra fredda, non hanno saputo offrire rimedi, provocando disastri generazionali sfociati nel moltiplicarsi delle migrazioni e nell’instabilità socio-economica dei sistemi di governo, anche più collaudati, dei Paesi occidentali. Il quadro politico complessivo nel quale si apre il XV Festival è quindi sicuramente preoccupante e reclama modifiche ai nostri modelli di vita e di sviluppo alla ricerca della Pace.
Il nostro Festival, che non si è sottratto alla sfida del Covid e ha affrontato le gravi contraddizioni della guerra russo-ucraina ai confini d’Europa, quest’anno accetterà ancora una volta il confronto su temi urgenti ed attuali come quelli della violenza con cui vengono trattati i civili e, tra essi, bambini e adolescenti che, alle varie latitudini di questo mondo, sono coinvolti nei conflitti militari e civili che contraddistinguono il nostro tempo.
A questi minori dedicheremo un’ampia riflessione che, come al solito, partendo da storie vissute in terre lontane, giungerà alle nostre regioni europee ed italiane, raccontando avvenimenti con testimoni di prima fila, per aiutarci a meditare sulle condizioni inumane in cui sono destinati a crescere, a vivere (e a morire prematuramente) quelli che chiamiamo “i nostri figli, i nostri nipoti”.
Per raccontare questo mondo che procede all’incontrario, abbiamo scelto di partire dalla strage di Cutro, piccolo paese costiero della Calabria ionica, dove, solo pochi mesi fa, si è consumato uno degli eccidi più crudeli della nostra storia moderna. 34 piccoli migranti, affidati ad un barcone stracarico di migranti di origine Pakistana, Afghana, Iraniana e Tunisina, diretto verso le coste italiane, a febbraio scorso si è schiantato su una secca, a pochi metri dalla spiaggia calabrese, per effetto della superficialità con cui i potenziali soccorritori hanno preso in carico le segnalazioni ricevute dai ricognitori aerei di Frontex. A seguito di questa strage il nostro Governo ha colto l’occasione per firmare un decreto (ormai noto come “decreto Cutro”) che opera un giro di vite sull’accoglienza di chi viene dal mare fuggendo, disperato, da panorami di guerra e persecuzione, campi di detenzione e torture.
A subirne le conseguenze sono sicuramente i migranti più poveri e oppressi, ma anche i minori che, spesso, si imbarcano senza alcuna guida, in cerca di un futuro che non riescono neppure ad immaginare e, se non muoiono in mare, finiscono spesso in centri di detenzione promiscua, accomunati ad adulti maltrattati, avviati alla strada e al reclutamento nelle fila della criminalità. Ad essi, alle vittime minori di Cutro, il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli dedica la sua XV edizione e in special modo, la serata inaugurale del 15 novembre, spingendo lo sguardo nella memoria e nel futuro per capire come mai le principali vittime dei rivolgimenti epocali siano sempre quelle che, apparentemente, sono le più ignare e incolpevoli.